Vademecum per i giovani. DITTATURA progressista.

Posted on marzo 4, 2015

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Vademecum per i giovani. DITTATURA progressista.‏ (nel mensile il Borghese, marzo 2015)

L’elezione di Sergio Mattarella alla quarta votazione, facilmente prevedibile, ha sancito la continuità di quella che potremmo chiamare «dittatura progressista» oppure, per usare il neologismo coniato da Predrag Matvejević, «democratura» all’italiana: l’imposizione di nomi e regole da parte di una casta autoreferenziale che blatera paroloni (“democrazia”) e poi viaggia in totale spregio della volontà popolare. Mattarella da giudice della Consulta dichiarò incostituzionale la legge elettorale attraverso cui fu eletto l’attuale Parlamento (Sentenza 1/2014, Decisione del 4 Dicembre 2013), ma poi ha accettato di essere eletto Capo dello Stato dal medesimo organo. Le sue prime dichiarazioni lasciano intuire che il suo sarà un mandato politico filo europeista. Mattarella non farà ombra né ostacolerà Renzi nell’opera di macelleria sociale in atto.

Così, mentre la Grecia trova il sostegno della Russia e la Francia sgomita per recuperare un afflato di tipo sovranista, l’Italia cala le braghe al potere dell’aristocrazia massonica europea. Berlusconi, che s’è detto indignato e tradito (ma per il ministro Maria Elena Boschi nel patto del Nazareno non c’era alcun accordo che riguardasse il Quirinale), caso strano indicava proprio in Mattarella il suo nome preferito per la Presidenza della Repubblica (come riportato ne L’imbeccata di Franco Bechis, Vicedirettore di Libero, 31 Dicembre 2014). Mattarella sarebbe stato suggerito a Renzi da Mario Draghi, stando alle indiscrezioni riferite da Gioele Magaldi, Gran Maestro dell’Oriente Democratico intervistato da Fanpage.it. In questo gioco l’effetto scenico di malumori e scontri sembra nascondere un’unità d’intenti: cercare di evitare le elezioni mantenendo inalterato lo status quo, l’intricata rete di relazioni e compromessi che esclude i cittadini dalla vera partecipazione politica. Il popolo, ahinoi ancora diviso da guerre fra poveri, inizia a scalpitare e allora tanto vale arrivare con questo esecutivo al 2018. Così la pensano Renzi e compagnia cantante.

«Progressismo radicale», ecco di che si tratta: superamento della democrazia per mezzo di strategie il cui scopo è abituare i cittadini alla “dittatura dolce”. Qualcuno ancora si ostina a definire tale atteggiamento politico “reazionario” o “fascista”. Ci sono quelli che ovunque vedano arroganza, forme di violenza o autocrazia son pronti a nominare il Fascismo. Mille amarezze. È proprio questa mentalità figlia dell’ignoranza, che tutto associa secondo mode culturali tendenziose, che ha consentito l’emergere della «dittatura progressista». Bisognerebbe piuttosto gridare al “Comunismo capitalista”, esperienza tipica italiana che da sempre ha gabbato i sinistrorsi. Nulla a che vedere col capitalismo esistente in Russia o in Cina, che pure sono Paesi comunisti: almeno lì sono nazionalisti, da noi invece ci sono gli alfieri di un’Internazionale finanziaria di fronte alla quale il popolo è sempre sacrificabile, i valori cancellabili, l’amor di Patria deturpabile.

Il nuovo Capo dello Stato s’è dimesso dalla Corte Costituzionale il due Febbraio ma gli è stata conferita la carica di giudice emerito. Mattarella ha poi giurato innanzi al Parlamento il giorno successivo e nel suo discorso ha utilizzato un cliché molto in voga, quello delle metafore calcistiche: «Sarò un giudice imparziale ma i giocatori mi aiutino» e via dicendo. Ha parlato del lavoro che manca, della crisi da cui bisogna uscire con «una robusta iniziativa di crescita da articolare innanzitutto a livello europeo», dell’urgenza di riforme costituzionali, di giovani e d’imprese, di Pubblica Amministrazione e molto altro. Un punto in particolare del suo discorso val la pena di riproporre qui: «La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società emergono, con forza, nuove modalità di espressione che hanno già prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti». A chi si riferiva? Al Movimento 5 Stelle che preme per la democrazia diretta o, al contrario, alla prassi dei listini bloccati e delle nomine di coloro che evitano le urne come la peste? Dopo aver indicato il bisogno di porre un freno ai decreti d’urgenza (bello come proposito ma dubitiamo verrà ascoltato), dichiarando che «vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo», ha posto sul tavolo il problema delle mafie e della corruzione: «La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci». Meraviglioso. Peccato che i suoi fidi sostenitori in Parlamento abbiano subito fatto il contrario di quanto da lui auspicato, precisamente il quattro Febbraio votando contro la proposta dei Pentastellati di calendarizzare il pacchetto anticorruzione fermo in Senato da ben nove mesi.

Sul terrorismo islamico: «Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse». I primi di Febbraio l’Isis ha dichiarato, in un suo pamphlet, di voler lanciare missili contro la Sicilia dalla Tunisia. Il terrorismo sarà pure una questione da affrontare a livello globale ma adesso è la nostra Nazione ad essere minacciata direttamente. Se la comunità internazionale restasse silente noi cosa dovremmo fare, stare fermi e aspettare? Fatalismo ottuso e ignoranza presuntuosa non aiuteranno.

Forse è presto per tirare qualche somma ma è pur lecito iniziare ad avere dei dubbi. Che Mattarella sia un uomo “in grigio”, democristiano e tutto il resto, francamente poco c’interessa. Che sia sobrio e silenzioso, idem. Però se è vero che lupus mutat pilum, non mentem, giova ricordare che la Consulta, quando lui ne era membro, a Gennaio «ha dichiarato inammissibile il quesito proposto dalla Lega sulla norma che ha riformato le pensioni» (La Stampa, 20 gennaio 2015); insomma ha ritenuto che il referendum abrogativo sulla legge Fornero non si dovesse fare nonostante le centinaia di migliaia di esodati e le altre tragedie che questa ha prodotto. Lo scudo crociato saprà pensare all’Italia e agli Italiani o lascerà che le rovine sommergano la nostra bella terra? La verità, come insegnò quasi duemila anni fa Aulo Gellio, anche stavolta sarà figlia del tempo.

Mauro Scacchi

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